via Morone 2

Arte e musica Aborigena Australiana
sabato 24 giugno 2006

in collaborazione con
Comune di Milano
e Consolato Generale di Australia

 

 

 

Programma

Esposizione di dipinti, incisioni e oggetti

Concerto di didgeridoo
con Ilario Vannucchi e Cristian Pannega

Poesie e racconto aborigeni
Letti da Ilaria Burratti e Paolo Romano

Proiezione di documentari sull’arte australiana aborigena
realizzati da Riccardo Barletta.


Alice Namptjimpa

Una serata interamente dedicata alla autentica cultura aborigena intesa in tutte le sue manifestazioni artistiche, dalla pittura alla poesia e alla musica.
Nelle sale della Galleria saranno esposti dipinti e incisioni realizzati dai maggiori artisti aborigeni contemporanei accanto ad oggetti artigianali creati da diverse popolazioni aborigene: tali oggetti risultano particolarmente preziosi in quanto non sono stati prodotti per la vendita ai bianchi, ma sono stati realmente utilizzati in epoche diverse per la caccia, i combattimenti o la ricerca del cibo.
I visitatori potranno anche ammirare e ascoltare alcuni straordinari didgeridoo originali: nel corso della serata questi strumenti libereranno le loro voci in un concerto-esibizione del jazzista Ilario Vannucchi, uno tra i maggiori interpreti occidentali del didgeridoo. Con il suo suggestivo accompagnamento, un attore leggerà poesie e testi attinenti la cultura aborigena, alcuni dei quali inediti nel nostro paese. Inoltre, durante levento, sarà proiettato a più riprese un documentario sullarte aborigena realizzato da Riccardo Barletta.



Long Jack Phillipus Tjakamarra

Introduzione alla pittura aborigena
Quando i primi esploratori europei in Australia videro l'ornitorinco, strano essere che sfuggiva alle loro classificazioni, credettero che si trattasse di una sorta di castoro al quale qualche buontempone aveva attaccato un becco. Prima di riconoscere la sua radicale alterità rispetto agli animali noti e di rivedere l'intera classificazione dei viventi per decenni gli scienziati si sforzarono di dimostrare che si trattava di una variante deforme di qualche specie già documentata.
Come il buffo ornitorinco e come tante altre realtà naturalistiche ed etnografiche tipiche dellAustralia, anche la pittura aborigena mette in crisi la forma mentis occidentale. Per comprenderla, occorre accettare la sua diversità e avere lumiltà di dimenticare le categorie mentali cui si è abituati. La pittura aborigena, infatti, richiede allosservatore occidentale un profondo cambiamento di prospettive, tanto in senso metaforico quanto in senso fisico. Basti pensare al fatto che gran parte dei quadri non ha un alto e un basso, né è concepita per essere osservata frontalmente; evoluzione dei dipinti su sabbia, queste opere sono realizzate al suolo e andrebbero viste da ogni lato, posate a terra e camminando loro attorno. Altri dipinti, che riproducono le decorazioni tradizionali realizzate sui corpi in occasioni di riti e feste, dovrebbero invece essere osservati in movimento, quasi danzando, come danzano e si muovono gli aborigeni che portano le stesse forme disegnate sulla pelle.
Ovviamente non solo le coordinate fisiche della fruizione, ma anche quelle mentali della comprensione richiedono un adattamento alle specificità delle opere aborigene.
La pittura aborigena è insieme una pratica rituale e una forma di scrittura e di narrazione, inserita in una cultura che da 40.000 anni non distingue la storia dalle leggende, la medicina dalla magia, la topografia dalla geografia mitica, laspetto esterno dei corpi dallanatomia degli organi interni. Quelle che per gli occidentali sono diverse forme del sapere, spesso tra loro in contrasto, per gli aborigeni costituiscono ununica realtà armonica. Solo avendo coscienza delle caratteristiche della antica cultura australiana si possono comprendere i dipinti che raffigurano animali visti ai raggi X, vivi ma con lo scheletro e gli organi interni visibili e ben definiti; o si può comprendere perché gli aborigeni presentino come mappe quadri che, secondo la nostra mentalità, non assomigliano a nessun luogo: le loro mappe, infatti, raffigurano simultaneamente la funzione che i diversi posti rivestono nella vita e negli spostamenti delle popolazioni, la storia dei luoghi, le leggende che vi sono ambientate e perfino le forze divine che li hanno creati. In questa visione del mondo fluida e unitaria, espressa con la leggerezza di colori ipnotici e di forme tanto semplici da risultare archetipiche, risiede il fascino dellarte aborigena; da qui si origina lattrazione misteriosa che essa esercita sulla parte più antica della nostra anima.

Roberto Mottadelli

 
Gillo Dorfles e Alberto Bolzani a MiArt 2006

La Galleria Bolzani
e l' Arte Aborigena Australiana


Nel 1994 Gabrielle Pizzi espose la sua collezione di pittura e scultura presso lo Spazio Krizia: fu la prima mostra di arte aborigena australiana tenutasi in Italia. La straordinaria qualità delle opere, esaltate anche dalla prestigiosa presentazione di Emilio Tadini, suscitò lammirata attenzione di critici e artisti; più fredde rimasero le gallerie, forse intimorite dalle peculiarità di unarte ancora pressoché sconosciuta in Italia, per giunta radicalmente diversa dallintera produzione occidentale. Fece eccezione la sola Galleria Bolzani: infatti, mostrando lungimiranza e autentica passione per la conoscenza, Alberto Bolzani cominciò a studiare larte aborigena e ad esplorarne il nascente mercato con la collaborazione di Graziella Englaro, instaurando anche un solido rapporto di fiducia con il Consolato Generale Australiano. La Galleria Bolzani fu così la prima galleria italiana privata a dedicarsi allarte aborigena: nel 1998 ebbe lonore di ospitare una sezione della grande mostra Gli aborigeni australiani Una storia di 40.000 anni, la cui sede principale fu il Castello Sforzesco. Da allora la Galleria non si è limitata a vendere opere originali eseguite in Australia da artisti aborigeni, ma si è anche impegnata per la valorizzazione e la divulgazione della cultura degli antichi popoli australiani: ogni anno Bolzani allestisce almeno una mostra di pittura e organizza eventi, concerti, letture e proiezioni di documentari dedicati alla cultura e allarte aborigena, ponendosi come punto di riferimento per appassionati e studiosi di tutta Italia.

 

L'incisione aborigena contemporanea
Questanno la Galleria Bolzani, prima in Italia, espone una selezione di autentiche incisioni aborigene provenienti dallAustralia. Si tratta di opere realizzate da alcuni dei maggiori artisti dei Territori del Nord con lassistenza tecnica della Charles Darwin University di Darwin, la quale, oltre a garantire la qualità delle carte e degli inchiostri utilizzati, studia e conserva le matrici originali dei lavori. Le incisioni, firmate e numerate, presentano i tradizionali soggetti della pittura aborigena: animali, mappe, sogni e disegni decorativi che riproducono quelli tracciati sui corpi in occasione di riti e feste.


Le opere presentate sono di eccezionale interesse, non solo in virtù del loro evidente valore estetico e del livello qualitativo degli autori, ma anche perché testimoniano in modo concreto la possibilità di un incontro finalmente equilibrato e fecondo tra la cultura occidentale e quella aborigena. In queste opere, infatti, la tecnica europea dellincisione mostra di conciliarsi armonicamente con la tradizione degli antichi popoli australiani, i quali da migliaia di anni usano incidere il legno e la pietra. La serigrafia, la linoleografia e soprattutto lacquaforte (con la quale questi artisti sono entrati in contatto negli anni Novanta) permettono agli aborigeni di stampare su carta, senza perdere la precisione dei dettagli e loriginaria efficacia espressiva, le stesse forme che usualmente sono raffigurate sulle pareti di roccia e sulle cortecce.


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